Contaminazione microbiologica e lavoro
La qualità dell’aria che respiriamo negli ambienti indoor in tutti i contesti lavorativi dal punto di vista biologico è correlata al tipo di realtà considerata, alle persone che vi operano e all’efficienza dei sistemi di aerazione. I lavoratori, gli animali, l’arredamento, la polvere e gli impianti di condizionamento, se non gestiti alla perfezione, possono essere causa di contaminazione microbiologica. Il ricambio d’aria deve esserci nei luoghi di lavoro: alla base di tutto, ovviamente, c’è la necessità di tutelare le persone che lavorano nell’ambiente, soprattutto se sono molte a condividere gli stessi spazi, ma anche il rispetto delle normative che riguardano proprio la sicurezza su lavoro. L’aria che respiriamo è di vitale importanza. L’aerazione forzata consente a tal riguardo ricambi d’aria, evitando possibili muffe e condense, consentendo una buona respirazione. Vediamo quali sono tutti i punti a favore:
- risoluzione dei problemi di muffa, condensa, umidità;
- facile installazione e manutenzione;
- consentire una qualità dell’aria più salutare per i soggetti allergici;
- permette di effettuare costanti ricambi di aria.
Microclima sul posto di lavoro
Il Decreto legislativo sulla salute e sicurezza n.81 del 9 aprile 2008, fissa all’allegato IV al punto 1.9 le indicazioni per gestire al meglio il microclima sul posto di lavoro. Si devono prendere in esame diversi parametri ambientali, che determinano il benessere termico del lavoratore (omeotermia dell’organismo). A tal riguardo i Datori di Lavoro devono redigere il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), in cui viene trattato il rischio microclima, così come tutti gli altri rischi cui sono esposti i lavoratori. Una volta stimata l’entità del rischio, devono essere messe in atto adeguate misure preventive e protettive. Si fa presente che il benessere del lavoratore deve essere assicurato dal controllo e la combinazione di alcuni parametri fondamentali:
- temperatura dell’aria
- velocità dell’aria
- temperatura media radiante
- umidità relativa
I lavoratori devono inoltre indossare idonei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) per proteggersi dai rischi da microclima insalubre, come l’uso di vestiario adeguato alle condizioni climatiche. Il Datore di Lavoro tiene conto:
- della topologia degli agenti biologici che mettono in pericolo la salute umana;
- di tutte le patologie che possono essere contratte.
Vediamo alcune accortezze utili per le aziende:
- i cicli di ricambi d’aria esterna devono essere in numero adeguato;
- la temperatura dell’ambiente in inverno deve essere compresa tra i 18 e 20° C e in estate deve essere inferiore al massimo di 7°C rispetto a quella esterna;
- i sistemi di ventilazione, riscaldamento o condizionamento dell’aria devono avere dei meccanismi per tenere sotto controllo la percentuale di umidità (in estate si deve mantenere tra il 40 e il 50% e in inverno 40-60%);
- la manutenzione, la pulizia, la bonifica e la sanificazione degli impianti aria devono essere programmate ad intervalli regolari.
Cos’è un impianto aeraulico?
La norma UNI 10339:1995 definisce un impianto aeraulico come l’insieme delle apparecchiature, dispositivi, accessori e controlli indispensabili per avere un buon livello di qualità dell’aria nei luoghi chiusi. Devono essere presi in considerazione alcuni fattori: temperatura, umidità, assenza di inquinanti e ricambi d’aria. Gli impianti aeraulici includono impianti di condizionamento, di climatizzazione, di termoventilazione e di ventilazione. Ciascuna tipologia di impianto e gli apparati installati dipende molto dal tipo di ambiente e dalle scelte fatte in fase di progettazione.
Là dove non si possono tenere fermi gli impianti, è necessario effettuare periodicamente la pulizia periodica dei filtri dell’aria di ricircolo per assicurare adeguati livelli di filtrazione/rimozione. La polvere catturata dai filtri va ad aumentare la riproduzione di batteri e funghi, e quindi di agenti biologici. In questi casi è bene aprire ogni tanto le finestre per consentire il ricambio d’aria e la diluizione degli inquinanti accumulati nell’aria circolata dall’impianto.
Impianti di aerazione e Covid-19
Prendiamo ora in considerazione il Covid 19, che, come sappiamo, è un virus che si trasmette da persona a persona tramite tre modalità:
- per contatto stretto e diretto con un soggetto infetto;
- inalando goccioline liquide prodotte dalla persona che ha il virus;
- tramite contatto con superfici contaminate dal virus.
L’impianto di areazione di un ambiente chiuso e di dimensioni ridotte potrebbe essere un canale di trasmissione del Covid-19. Ciò è attestato da uno studio dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma. Ci potrebbe essere dispersione di droplet e aerosol dati dal respiro di un soggetto affetto dal Covid-19. Un efficace ricambio d’aria diminuisce le possibilità di contagio.
In risposta alla pandemia di coronavirus, per consentire alle aziende di lavorare nel massimo della sicurezza, AiCARR ha attivato un team di esperti per stilare linee guida per l’utilizzo degli impianti di climatizzazione, andando a prevenire il rischio di diffusione di SARS-CoV2-19. È opportuno seguire alcune indicazioni per mantenere un buon livello di qualità dell’aria sul posto di lavoro. È importante gestire al meglio gli impianti di ventilazione e climatizzazione per evitare che sia trasmessa l’infezione.
Impianti di condizionamento e microrganismi dannosi
Gli impianti di condizionamento dell’aria possono rappresentare, in caso di scarsa o inadeguata manutenzione, una fonte di microrganismi potenzialmente dannosi per la nostra salute. Gli agenti biologici aerodispersi, proprio perché posso essere causa di patologie, sono considerati un rischio per la salute. Tra questi, possiamo citare i batteri (es. Stafilococchi e gram negativi), funghi, virus, acari e pollini. Si fa presente che tra i batteri patogeni potenzialmente presenti in un ambiente confinato climatizzato potrebbe trovarsi la legionella, un bacillo aerobio gram negativo, in grado di riprodursi velocemente a temperature tra i 28 e i 50 °C.
Pulizia impianto aerazione
Vediamo ora cosa si deve fare in pratica per effettuare la disinfezione da attuare sugli impianti di aerazione. Innanzitutto si fa un sopralluogo per valutare le problematiche igieniche ed epidemiologiche al quale il luogo è soggetto. Al fine di non dimenticare alcun impianto con tutte le sue componenti, si provvede al censimento degli stessi e della relativa documentazione.
Devono poi essere messe a punto problematiche tecniche degli impianti, criticità di natura igienico-sanitaria e in merito alla sicurezza del cantiere che deve essere organizzato per eseguire la bonifica. Si passerà poi all’analisi funzionale degli impianti. Ogni tipo di problematica si evidenzia attraverso un’ispezione tecnica che prevede prelievi microbiologici di superficie, aria, acqua di condensa e particolato.
Prima di procedere alla pulizia (eliminazione del particolato che si trova dentro le condotte) e la disinfezione (che vede l’utilizzo di prodotti disinfettanti) è necessario evitare la contaminazione ambientale sulla base dell’ambito lavorativo e lo stato degli impianti. La pulizia e la disinfezione riguardano l’impianto in tutte le sue parti, dalla presa dell’aria esterna fino all’ultimo terminale (sono incluse sia le condotte di mandata sia quelle di ricircolo). È necessario inoltre programmare periodicamente delle ispezioni dell’impianto di aerazione per gestire al meglio il rischio igienico sanitario sul posto di lavoro.
Aerazione forzata e bagno cieco
Per bagno cieco s’intende un bagno privo di finestre. Un impianto di aerazione è obbligatorio in ogni bagno cieco. In questa situazione è fondamentale la gestione dei ricambi di aria forzata.
La ventilazione forzata nei bagni ciechi deve garantire un adeguato ricambio d’aria, in proporzione alla grandezza dell’ambiente e all’uso che si fa di quel locale: solo in questo modo si può essere certi della salubrità dell’aria. In tal caso è possibile installare un sistema di ventilazione meccanica controllata (VMC), con ventole per l’aerazione forzata che permettono di gestire in modo corretto il ricambio d’aria.
La normativa
Per poter garantire la salubrità dell’aria negli ambienti chiusi è importante che vi siano ricambi d’aria e dunque idonei sistemi di ventilazione forzata in linea con la specifica realtà lavorativa, considerando anche il numero di persone vi lavorano.
Deve essere ridotto al minimo il livello di inquinamento, evitando la formazione di particelle dannose. Tutto ciò è regolamentato dalla UNI 10339, in vigore dal 1995, che è volta al miglioramento degli ambienti chiusi, per ogni destinazione d’uso.
La norma mette a punto i requisiti fondamentali degli impianti di aerazione e ventilazione forzata dei locali. In particolare, per garantire la qualità dell’aria, la UNI dice che tutti i sistemi per il ricambio d’aria forzata in un luogo chiuso devono assicurare:
- immissione dell’aria esterna in base allo specifico ambiente;
- filtrazione dell’aria tramite filtri adeguati;
- movimento dell’aria ad una velocità controllata.
Vengono così definiti anche i parametri dei livelli di concentrazione massimi dei diversi agenti inquinanti (es. il monossido di carbonio) per poter valutare la qualità dell’aria.
Successivamente l’Europa ha emanato una serie di direttive in merito; si ricorda ad esempio la Direttiva sull’etichettatura energetica degli edifici, che riguarda le norme volte al calcolo del fabbisogno energetico degli impianti di riscaldamento, climatizzazione e ventilazione.
Ecco le norme fondamentali sui ricambi d’aria, sulla realizzazione degli impianti e dei sistemi di ventilazione ed aerazione forzata:
- UNI 10339/1995 (impianti aeraulici)
- UNI EN 308/1998 (scambiatori di calore)
- UNI EN 13779/2008 (ventilazione degli edifici ad uso non residenziale)
- UNI EN 15242/2008 -sulla ventilazione degli edifici per determinare la portata d’aria
- EN 779/2012 sui filtri d’aria per gestire la ventilazione generale