E’ pericoloso contrarre la varicella?
La varicella è considerata una delle malattie più contagiose dell’infanzia, che riguarda in particolar modo i bimbi tra i 5 e i 10 anni. E’ piuttosto diffusa nelle scuole: andiamo a scoprire quali sono i pericoli, le cause, le modalità di contagio, il periodo di incubazione e le cure opportune. Si tratta di una malattia dovuta all’herpes zoster virus (HZV), ed è caratterizzata da vescicole sparse su tutto il corpo (le tipiche bolle da varicella). Dopo un periodo di incubazione che può durare fino a 21 giorni, la malattia si manifesta con la comparsa di chiazzette rosse, seguita da febbre (in genere bassa) e malessere generale. Tra i sintomi potrebbero esserci l’inappetenza e il mal di gola. Le piccole chiazze evolvono in vesciche e poi in croste, destinate a cadere. Il numero delle vescichette va da 250 a 500. La pelle diventa colma dunque di tante piccole papule rosa pruriginose (molto simili a pizzichi di zanzara), che rapidamente si trasformano in vescicole che sembrano piccole gocce di acqua. Tali vescicole aumentano di volume fino a rompersi, trasformandosi in croste. La guarigione si completa dopo 7-10 giorni. La malattia potrebbe essere aggressiva negli adulti; nei bambini che godono di una buona salute, invece, la varicella ha un andamento piuttosto lieve, in forma leggera, senza febbre. Si fa presente che per coloro che la contraggono, il virus rimane all’interno dell’organismo a vita (nei nervi periferici) e potrebbe ripresentarsi solo nel 10-20% delle persone (generalmente negli adulti, dopo i 50 anni d’età); potrebbe recare però l’herpes zoster, conosciuto anche come il fuoco di Sant’Antonio. La varicella è una malattia infettiva altamente contagiosa provocata da un virus a DNA, il virus Varicella zoster (VZV), che fa parte della famiglia degli Herpesvirus. Nelle nazioni in cui gran parte della popolazione si vaccina si attestano alcuni casi in cui si rimanifesta la varicella, o di herpes zoster in bambini che non sono stati sottoposti al vaccino. La vaccinazione ha ridotto sensibilmente la diffusione dell’HZV. Il virus potrebbe dunque riattivarsi, determinando un herpes zoster (il fuoco di Sant’Antonio appunto) o, nelle forme più rare, una nuova varicella. Come la rosolia, il morbillo, la pertosse e la parotite, è contagiosa e colpisce principalmente i bambini. Si fa presente che può trasmettersi solo da uomo a uomo. Passiamo ora alle complicanze. Se contratta per la prima volta negli adulti, spesso si manifesta con sintomi anche gravi, con eruzione cutanea più estesa. La varicella potrebbe essere causa dunque di una sovrainfezione batterica delle vescicole. Tra le forme infettive, le più severe sono gli ascessi, la cellulite infettiva e la fascite necrotizzante. Non sono da sottovalutare anche le complicanze neurologiche, come le meningo-encefaliti e la paralisi del nervo facciale. Contrarre la varicella in gravidanza costituisce inoltre un rischio, soprattutto se ciò accade nelle prime 20 settimane di gravidanza, di malformazioni fetali (la probabilità si aggira intorno al 2%); potrebbero esserci malformazioni per gli occhi, sistema nervoso centrale o arti, che appaiono sottosviluppati. Se la varicella colpisce la donna durante la settimana prima del parto, potrebbe verificarsi una grave forma di varicella neonatale, che comporta un rischio per la vita del neonato (il tasso di mortalità è del 30%).
Varicella e modalità di trasmissione
La varicella è una malattia molto contagiosa: le persone possono infettarsi per via aerea, tramite le goccioline che si diffondono nell’aria quando la persona tossisce o starnutisce, o mediante contatto diretto con le vescichette. Può arrivare ad infettare fino al 90% i soggetti che non sono mai entrati in contatto con l’herpes zoster virus. Il contagio è possibile dunque attraverso la saliva del malato o per contatto diretto con il liquido delle vescicole quando queste si rompono. Dal momento in cui si è stati a contatto con il soggetto malato di varicella, deve trascorrere un tempo che va dai 14 ai 21 giorni prima che si sviluppi la malattia; il periodo di contagio inizia due giorni prima del manifestarsi delle prime vescicole.
Vaccinazione anti-varicella e prevenzione sul lavoro
Dato che la varicella negli adulti può svilupparsi in forma grave, è necessario proporre attivamente la vaccinazione a:
- persone che operano in ambito sanitario, in particolare il personale sanitario che è a contatto con neonati, bambini, donne in gravidanza o con persone immunodepresse;
- operatori scolastici che sono a contatto con neonati e bambini, in particolare negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie.
Chi lavora dunque a contatto con i bimbi è a rischio; da ciò l’importanza del vaccino, che prevede due dosi a distanza di almeno 28 giorni una dall’altra. Si fa presente che i soggetti vaccinati, così come quelli che hanno già avuto il virus in passato, sono immuni dalla varicella e da ogni pericolo di contagio. Ad oggi, in Italia, il vaccino contro la varicella non è un obbligo.
La prevenzione nelle aziende in cui i lavoratori rischiano di contrarre la malattia è di fondamentale importanza. A tal riguardo è indispensabile l’attività di Sorveglianza Sanitaria da parte del Medico Competente aziendale; quest’ultimo deve indicare ai lavoratori le vaccinazioni da effettuare per la tutela della loro salute (non solo quindi per la varicella). Il vaccino anti varicella protegge dalla malattia, ma ricordiamo che è possibile comunque ammalarsi, con un decorso più rapido e sintomi piuttosto lievi. Se il nostro corpo entra a contatto con il virus, quest’ultimo rimane nei gangli sensitivi craniali e del midollo spinale anche per tutta la vita e si risveglia solo in rari casi. Dopo aver effettuato il vaccino per la varicella, potrebbero presentarsi dolore, gonfiore e arrossamento nella zona di iniezione. Come per ogni tipo di vaccino, vi è sempre la possibilità che si verifichino reazioni allergiche anche gravi, ma questo è raro. Salvaguardare l’azienda dal rischio biologico è un tra gli obblighi del datore in tema di sicurezza sul posto di lavoro. A tal proposito, il provvedimento normativo di riferimento è il Decreto Legislativo n. 81 del 2008.
Cura e trattamento della varicella
Generalmente la terapia della varicella è sintomatica. Se la diagnosi viene formulata entro i primi 2-3 giorni dal contagio, la varicella può essere trattata con farmaci antivirali od anticorpi che vanno a ridurre le manifestazioni. Soprattutto nei bambini, però, si preferisce lasciar correre, limitandosi a monitorarne l’evoluzione e ad attenuarne i sintomi. Nelle forme gravi, progressive, come nei pazienti immunocompromessi o nei neonati, è bene recarsi in ospedale. Gli antistaminici sono efficaci nel calmare il prurito e la tentazione di grattarsi; a tal riguardo, al bambino è bene accorciare le unghie il più possibile. Anche frequenti bagni, l’uso del borotalco ed un massaggio con prodotti rinfrescanti possono placare eventuale dolore. Si raccomanda di non toccare le vescicole o romperle: e lasciare libero sfogo alle vescicole, evitando di toccarle o peggio ancora di romperle; queste azioni sono infatti associate ad un aumento del rischio di esiti cicatriziali, complicanze infettive e contagio. Gli antipiretici, come il paracetamolo, sono indicati in caso di febbre; evitare la somministrazione di acido acetilsalicilico.
Vaccinazioni per il rischio biologico sul posto di lavoro
Il rischio biologico all’interno degli ambienti lavorativi non sempre è ben conosciuto, e di conseguenza, adeguatamente prevenuto. Le aziende in cui tale rischio è presente sono obbligate ad effettuare una valutazione del rischio biologico, completa e documentata mirata a mettere in atto specifiche misure di prevenzione e protezione; a tal riguardo, la vaccinazione riveste il ruolo di prevenzione fondamentale. Alcune categorie professionali che lavorano a contatto con soggetti e/o con materiali che potrebbero essere infetti, corrono il rischio infatti di essere esposti quotidianamente a malattie infettive, dalle quali è possibile proteggerci tramite specifici vaccini. Per tali categorie professionali, è necessario stabilire le tipologie di vaccini da effettuare in modo tale da ridurre in modo consistente i rischi, evitando di acquisire pericolose infezioni sul posto di lavoro; i vaccini evitano dunque che il lavoratore possa trasmettere patogeni ai propri colleghi e alle persone con le quali possono entrare in contatto (ad esempio bambini nelle scuole o pazienti in ambito sanitario). Le vaccinazioni per tutte le mansioni a rischio sono raccomandate e non comportano alcuna spesa per il lavoratore. Le categorie di lavoratori per le quali sono indicate specifiche vaccinazioni, sono riportate di seguito:
- lavoratori che operano in ambito sanitario (ospedali, ambulatori, studi dentistici, ecc.);
- personale di laboratorio d’analisi;
- personale scolastico;
- tutti coloro che sono a contatto con animali o materiale di origine animale;
- soggetti che effettuano servizi di disinfezione e disinfestazione;
- altre categorie di lavoratori a rischio: persone che prestano assistenza all’interno di centri di recupero per tossicodipendenti, soggetti che sono a contatto con disabili (a livello fisico e mentale), addetti alla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, tatuatori e body piercers, soggetti che viaggiano spesso all’estero per impegni di lavoro.
I vaccini rappresentano uno strumento di tutela sia del lavoratore che di soggetti terzi esposti al rischio di infezione. In caso di rifiuto, il dipendente può essere considerato non idoneo allo svolgimento della propria mansione e, quindi, adibito ad altre mansioni o licenziato.