Sostanze chimiche: DPI per vie respiratorie, occhi, mani e corpo

Il rischio chimico nel mondo del lavoro: la normativa

Rischio chimico lavoro dpiGli agenti chimici si trovano in molti prodotti di uso comune, come detersivi, stoffe, abbigliamento, arredi, ecc. Il loro impiego non riguarda solo l’ambito industriale, ma anche settori come l’edilizia, aziende che trattano metalli, legno; possiamo inoltre citare la produzione di automobili, l’industria tessile, il settore agricolo, l’ambito informatico, dei rifiuti e delle pulizie. È dal lontano 2006 che l’Unione europea (UE) ha gradualmente rinnovato la legislazione riguardo le sostanze chimiche, divulgando inizialmente il regolamento CE n.1907/2006 (regolamento REACH), che ha realizzato un sistema integrato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione degli agenti chimici con l’obiettivo di incrementare la tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente. Il REACH ha istituito un’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA), sita ad Helsinki, per gestire e coordinare le attività previste dalle nuove normative sulle sostanze chimiche. A seguire, il regolamento CE n. 1272/2008 (regolamento CLP), sulla base del sistema globale armonizzato dell’ONU (GHS system – 2003), ha messo a punto tutti i pericoli dei vari prodotti chimici: esplosivo, infiammabile, comburente, corrosivo, tossico, irritante, nocivo, pericoloso per l’ambiente, ecc. In Italia la legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è regolamentata dal Decreto Legislativo n°81 del 2008, che obbliga i Datori di Lavoro a valutare il rischio chimico nelle diverse realtà lavorative, secondo quanto stabilito dal Titolo IX.

Sostanze chimiche: quali sono i possibili danni per i lavoratori?

Le sostanze chimiche possono recare effetti dannosi sull’uomo, andando a compromettere a volte le funzioni di organi e apparati o la sopravvivenza, nei casi più gravi. Gli effetti possono essere a breve o a lungo termine (ad es. l’esposizione a fibre di amianto potrebbe recare forme tumorali ai polmoni a distanza di 15-40 anni). In caso di danno immediato si parla di infortunio, che si avverte subito dopo l’esposizione con l’agente chimico (ad es. le ustioni sulla pelle a causa di schizzi di acido). Una patologia professionale si ha invece quando l’agente chimico provoca una malattia, che si manifesta anche dopo diversi anni dall’esposizione (periodo di latenza). Si ha dunque una malattia correlata al lavoro quando vi è una causa che agisce lentamente sul nostro organismo. Le vie d’introduzione delle sostanze chimiche nel corpo umano sono le seguenti: inalazione, contatto cutaneo e ingestione. In caso di:

  • Inalazione: allontanare l’infortunato dall’area contaminata e portarlo all’aria aperta o in zona aerata. In caso di asfissia, praticare la respirazione artificiale; è utile mettersi in contatto rapidamente con il centro antiveleni più vicino.
  • Contatto cutaneo: l’entità del danno dipende dalla concentrazione della sostanza e dal tempo di contatto con la pelle.
  • Ingestione: contattare quanto prima il centro antiveleni più vicino; non somministrare acqua, perché esistono sostanze che potrebbero reagire con l’acqua, andando ad aggravare la situazione già critica.

Cosa s’intende con il termine “DPI”?

L’art.74 del D.lgs.81/08 (Testo Unico per la salute e la sicurezza sul lavoro) chiarisce che un DPI è un dispositivo di protezione individuale è qualsiasi attrezzatura “destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”. I DPI sono destinati ad uso personale e devono essere conservati in un apposito armadietto facilmente accessibile al lavoratore. Vengono inoltre indossati quando i rischi non possono essere eliminati o sufficientemente minimizzati da misure tecniche, protezioni collettive e misure di riorganizzazione del lavoro.

Quali requisiti deve avere un DPI?

I lavoratori devono indossare DPI appositi per i vari tipi di rischio ai quali sono esposti; tali dispositivi devono avere marcatura CE ed essere conformi alle norme di cui al d.lgs.75/1992. Inoltre i dispositivi di protezione individuale devono:

  1. essere adeguati:
  • ai rischi da prevenire senza comportare di per sé un ulteriore rischio;
  • alle condizioni esistenti sul posto di lavoro;
  1. tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute di chi lo indossa;
  2. poter essere adattati all’utilizzatore in base alle sue esigenze.

Protezione da agenti chimici: DPI per le vie respiratorie

DPI per la protezione delle vie aeree riparano da polveri, fibre, fumi, nebbie, ecc. L’aria inalata viene filtrata tramite azione meccanica ed elettrostatica. I dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie generalmente indossati sono i facciali filtranti antipolvere, testati in base alla norma UNI EN 149:2001 + A1:2009, per la capacità di filtrare aerosol di cloruro di sodio e di olio di paraffina (penetrazione del materiale filtrante). Vi sono tre categorie di filtro (FF sta per “facciale filtrante):

  • FFP1 con efficienza filtrante dell’80%;
  • FFP2 con efficienza filtrante del 94%;
  • FFP3 con efficienza filtrante del 98%.

I filtri possono proteggere da:

  • polveri e fibre pericolose;
  • aerosol solidi o liquidi (a base acquosa o oleosa);
  • fumi tossici (es. metallici).

I facciali filtranti possono essere:

  • “usa e getta” (classificazione e marcatura del prodotto ‘NR’);
  • riutilizzabili (classificazione e marcatura del prodotto ‘R’).

Si fa presente che i respiratori (maschere o semimaschere) antigas sono dotati di filtri in carbone attivo, progettato in modo tale da poter trattenere determinate famiglie di composti chimici.

Prodotti chimici: quali DPI indossare per gli occhi?

Passiamo ora alla protezione degli occhi; possono essere esposti a rischi di ogni genere e le fonti pericolose più comuni derivanti da agenti chimici sono: esposizione a schizzi, gocce, polveri e gas. In particolare:

  • in caso di gas o polveri si adottano occhiali a mascherina;
  • l’esposizione a schizzi necessita di occhiali con visiere;
  • per l’esposizione a gocce è bene indossare protezioni con mascherina e visiere.

Quando si parla di “dispositivo di protezione degli occhi” per lo più si fa riferimento a:

  • occhiali ad astine privi di protezioni laterali;
  • occhiali ad astine con ripari laterali;
  • visiere;
  • occhiali a mascherina antiacido;
  • visiere per le basse temperature.

E se molti dispositivi di protezione per gli occhi appartengono ai DPI di seconda categoria, non bisogna dimenticare che la protezione degli occhi e del volto si può avere sia con dispositivi o accessori appositi, oppure abbinata ad altri mezzi protettivi, come le maschere intere antigas. Mentre gli occhiali vanno solo a proteggere gli occhi, le visiere (se di dimensioni corrette) concorrono anche alla protezione del viso. Elenchiamo altre indicazioni in merito:

  • gli schermi visivi (lenti) non devono presentare aberrazioni ottiche tali da essere un impedimento per la visione dell’operatore;
  • i materiali devono essere all’altezza di resistere agli agenti per i quali sono stati progettati;
  • i DPI per la protezione degli occhi devono essere conformi alla UNI EN 166:2004.

Protezione da agenti chimici: DPI per mani e corpo

Altri DPI importantissimi e molto adoperati sono quelli per la tutela delle mani; a tal riguardo i guanti sono i dispositivi di protezione più comuni, a tutela di diversi rischi, quali: temperature elevate, tagli, abrasioni, sostanze chimiche, freddo, ecc. Sul mercato sono disponibili molte tipologie. Per la manipolazione dei prodotti chimici pericolosi è bene selezionare il materiale adatto per i guanti; i più impiegati sono in:

  • nitrile;
  • neoprene;
  • lattice;
  • PVC (polivinilcloruro);
  • vinile.

La norma tecnica di riferimento è la UNI EN 374 (“Guanti di protezione contro i prodotti chimici e microorganismi pericolosi”). La selezione del materiale e dello spessore adatto deve essere fatta in base alle esigenze del lavoro. Per non commettere errori, è bene leggere attentamente le informazioni che si trovano nelle schede dati di sicurezza e quelle prodotte dal fornitore. Per quanto riguarda i requisiti generali e i metodi di prova dei guanti di protezione, dobbiamo far riferimento alla norma UNI EN 420:2003 + A1:2009. Per l’esposizione a basse temperature devono essere indossati guanti appositi per criogenia, consoni alla norma UNI EN 511:2006. Andiamo ora a vedere qualche indicazione sulla protezione del corpo intero. Per i laboratori chimico/biologici si utilizzano camici, generalmente in polietilene, ad ogni modo conformi alla UNI EN 340:2004. Le tute da lavoro per criogenia devono essere certificate per le temperature molto basse (secondo la UNI EN 342:2018). Il rilascio accidentale di sostanze chimiche necessita della protezione di indumenti appositi come le tute complete in materiali resistenti conformi alla UNI EN ISO 6530:2005.

Sorveglianza sanitaria e rischio chimico

I lavoratori a contatto con agenti chimici sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, in base al D.lgs.81/2008. Vengono dunque visitati dal Medico Competente aziendale:

  • all’atto dell’assunzione;
  • periodicamente, in genere una volta l’anno, o con periodicità diversa stabilita dal medico del lavoro sulla base della valutazione dei rischi;
  • alla cessazione del rapporto di lavoro: in tale circostanza il medico deve anche fornire le indicazioni relative agli accertamenti sanitari che il lavoratore deve seguire.

Il medico aziendale redige, aggiorna e custodisce per ciascun dipendente soggetto a sorveglianza sanitaria una cartella sanitaria e di rischio e riferisce alla persona da lui visitata le informazioni necessarie. Questa cartella indica anche i livelli di esposizione professionale forniti dal servizio di prevenzione e protezione; i valori limite fanno riferimento ad un lavoratore adulto in buone condizioni di salute, e dunque possono non essere sufficientemente protettivi per i soggetti più sensibili.